Funnies


Scena: sempre ieri sera al Pub.

Al nostro tavolo c’era un amico, si chiama Ülrich. Un bel ragazzo, sportivo, alto 2 metri, biondo albino, testa piccola, capelli rasati, collo palestrato, naso tagliente, faccia cattiva, occhio ceruleo ma sprizzante fetenzia. Ora, se uno è seguace del pensiero del Lombroso, per associazione potrebbe sentirsi libero di pensare che Ülrich si è messo in borghese giusto per rispetto del padrone del pub, ma che non vede l’ora di tornare a casa, ri-indossare l’uniforme da SS, quindi andare in giro a incendiare ebrei, bulldozerare edifici ripieni di gente di colore, gridando dal caterpillar: Tu Ebreo/Negro/Non Ariano Tefi Morire Kon Atroce Sofferenze Ja, e finire la serata violentando vecchiette (non ariane) per poi farle sbranare dai dobermann (poverini, devono pur godere qualcosa anche loro).

Ülrich invece è una buonissima persona e di lavoro è un homecare, diciamo una specie di assistente sociale. Va a casa delle vecchiette non per violentarle ma per alimentarle, pulire casa, fare le cose che non possono fare da sole. E di Ülrich in zona ce n’è centomila.

Poi dicono che Lombroso aveva ragione.

Non vorrei fare il saccente, ma è giusto spiegare che Cesare Lombroso, vissuto nel XIX secolo, era quel tipo che sosteneva che in base a determinati tratti caratteristici (o difetti) fisici si poteva stabilire che uno era un criminale. In pratica il Padre del Pregiudizio.

Venerdì siamo andati al party di chiusura di un Pub storico di Copenhagen, l’Erdinger Pub, gestito da decenni dal migliore amico di Tabby e ancor prima dai suoi genitori. Un posto tipico, dove la cucina poteva sfornare le migliori aringhe crude della zona. Ebbene sì, qui si mangiano aringhe crude. Mica sempre, è un piatto tradizionale, ma comunque esiste ed è molto apprezzato.

E le ho assaggiate, non sono male. Roba per uomini veri, ma d’altra parte i Vichinghi non erano mica mezze seghe. Cosa credi che mangiassero nei lunghi mesi di navigazione quando andavano ad esplorare il mondo? I crackers della Weight Watchers?

Vabbè. Tristezza, naturalmente, seppur vagamente mitigata dalla birra agratis offerta dalla casa; eravamo in una cinquantina, e per via di non arrivare corti hanno messo da parte 300 litri di birra. Ma solo per essere sicuri che nessuno rimanesse senza. Noi non siamo abituati a vedere signore in età avanzata camminare con passo incerto e oscillare in preda ai fumi, qui invece in occasioni del genere è normale, non c’è niente di disdicevole o disonorevole. In più nessuno doveva guidare per tornare a casa, quindi tutti davano il loro contributo e facevano a gara per dar fondo ai 300 litri. Erano tutti lieti di partecipare allo sforzo collettivo, e man mano che la cisterna si svuotava erano tutti sempre più felici. Immagino che fosse perché vedevano che gli sforzi stavano portando al successo dell’operazione.

Divago per sottolineare che in italia non ho mai visto gente andare in giro il venerdì e il sabato sera e prendere l’autobus portando con sè casse di birra, chitarre, bonghi, sterei colossali; noi abbiamo la macchina vinavilizzata alle chiappe, e poi siamo supermen, siamo convinti comunque di essere in possesso delle facoltà necessarie per guidarla anche stanchi e bevuti alle 4 di mattina dopo una notte in disco. E’ questo che ci frega. Non per niente qui percentualmente hanno meno della metà di morti per incidenti stradali rispetto a noi. Pochi si azzardano a guidare se non sobri. Primo: perché se per caso ti becca la polizia ti prendono la patente e, nell’ordine: la spezzettano, la buttano a terra, la calpestano, buttano benzina e ci danno fuoco. Poi si girano verso di te e se sono calmi ti fanno decollare in direzione casa con un calcio, se invece sono un po’ irritati ti arrestano. Ma raramente si arriva a questo, infatti di patenti ne incendiano pochissime; semplicemente chi esce ed ha in programma di bersi due birre prende il bus invece che l’auto. Non è considerata una deprivazione mortale, fa sempre parte del rispetto per gli altri.

Tornando a bomba. C’era il solito, classico, freddo porco. Ma è primavera.

Io sono italiano, abituato in questa stagione a temperature diverse, e mi sentivo piuttosto ridicolo. Seduto a un tavolo all’esterno, circondato da gente in T-shirt e pantaloncini corti, vestito come un pirla con felpa, piumino, jeans spessi, e avere freddo comunque. Loro invece eran lì che non facevano neanche una piega. C’è da dire che erano tutti belli carburati, ed infatti ecco spiegata almeno parzialmente la necessità dei 300 litri.

Per affrontare il rigore dell’inverno estivo danese.

Pare che una estensione del Triangolo delle Bermude arrivi fino a Copenhagen.

Questo è un messaggio inviato alle mie sorelle di recente, riguardante un problema alla batteria della macchina, che a distanza di tre mesi e su una macchina diversa, si è ripetuto. Una maledizione. Oppure.. il Triangolo delle Bermude.. (musica di suspence)..

ieri dovevamo andare a Faxe (Fakse in danese, ma per meglio adattarsi ai forestieri l’hanno chiamato Faxe) un paese che è stato comprato praticamente dalla fabbrica di birra omonima. Diciamo che Carlsberg e Tuborg sono le prime due, poi c’è Faxe, e si trova anche da noi tra l’altro.

Dovevamo andare lì perché ci abitano i genitori di Tabby, era una cena per il compleanno del babbo di Tabby (Tabbo?). Cena alle 18.30 chiaramente, in perfetto stile danese.

E prima dovevamo passare da Fisketorvet, letteralmente “il mercato del pesce”, un mall sterminato, a comprare il regalo, poi da SuperMarco, il supermercato italiano, a comprare il vino. Ho preso una boccia di chianti, quello con la paglia, del montepulciano e del bardolino chiaretto. I danesi prendono di quelle balle con il vino italiano.. beh d’altra parte non c’hanno gli enzimi.

Comunque.

Io credo che ci sia qualche influsso elettromaggnetico tipo triangolo delle bermude; quando io e Tabby alle 16.57 abbiamo portato le chiappe in macchina non partiva, batteria a zero. Dopo neanche 5 giorni di fermo. Come la Marea (l’altra macchina, NdANT) 3 mesi fa, uguale.

Sceneggiatura dei minuti successivi.

Esterno giorno.

1) scoramento. i 45 minuti per i supermercati e l’ora per il viaggio si stavano rapidamente consumando.

2) scatta un raffazzonato piano B (Tabby sgomma in bici da Fisketorvet, io smonto la batteria e la porto in casa per caricarla, un’ora, meglio che niente).

3) scoramento, un’ora non è abbastanza.

4) piano C (pianifichiamo una spinta).

5) non c’è spazio abbastanza perché ci sono pozzanghere tutt’intorno.

6) scoramento.

7) miracolo: passava di lì un operaione vichingo che gli mancava solo l’elmo e lo spadone, il quale ha portato vicino il suo ford transit a ruote doppiate del 1957 munito di telaio con struttura a ruggine portante, io ho estratto il cavo rosso/nero professionale da camio (10kg senza contare le pinze), mi ha dato una scossarella e la macchinina verde è ripartita.

8) volo da Fisketorvet, Tabby scende dalla macchina in movimento alla Starsky e Hutch (o alla Hazzard.. mmmhh, Daisy Duke..), io proseguo la corsa in derapata verso SuperMarco dove davanti a un supermercato Italiano, in Danimarca, parcheggio all’Americana; acquistando insalata Russa completerei la sequenza multietnica ma rinuncio (non mi piace), prendo il vino, torno a Fisketorvet, carico Daisy Duke e si sgomma verso Faxe.

Totale ritardo 10 minuti, ampiamente calcolato dalla mamma di Tabby che ci conosce abbastanza bene e che pianifica sempre un ampio margine prima di estrarre dal forno il porco in crosta, visto che dopo 10 minuti senza toccarlo diventerebbe una ciofeca.

Non capisco. Forse sono davvero gli influssi elettromaggnetici, forse le nostre batterie sono progettate per vivere nel 100% di umidità costante mentre qui c’è lo 0,01%, come nel Sahara, forse è l’amplificatore del sud-woofer che consuma (ma dovrebbe spegnersi insieme allo stereo) o forse è solo che le batterie di solito durano 3 anni poi crepano e questa ha fatto già i salti mortali dopo 8 anni di indefessa attività. La cambierò, non credo sia una grossa spesa.

Stamattina trallaltro poi è partita che non sembrava neanche lei :)

Ciao

ANT

Nota sugli errori grammaticali o le inesattezze:

elettromaggnetico: per dare un tocco più mediterraneo alla parola;

camio: camion in dialetto mantovano;

sud-woofer: perché, parliamoci chiaro, il sub-woofer è un po’ zarro (o tamarro, come preferisci).

Tabby dice che i Danesi soffrono di complesso di inferiorità.

Mi riporta un episodio dove alla TV davano un servizio su un nuovo tipo di mulino a vento, modernissimo, che grazie ad una nuovissima tecnologia ha un rendimento estremamente alto, ovvero senza dispersioni di energia, capace con la stessa quantità di vento di generare il 350% di servizio in più rispetto ai mulini a vento tradizionali, eccetera. Bella cosa, se oltre ad utilizzare fonti di energia rinnovabile le si sfrutta al meglio.

Se fossimo in Italia, intanto, una scoperta così avrebbe avuto tutte le prime pagine dei giornali e telegiornali; e poi il Mostro lo avrebbero chiamato qualcosa tipo “XR14-SZ/Plus eXtreme Power Detonator” o qualcosa del genere.

Qui no. I mulini a vento normali si chiamano “Mulini a Vento” e questi nuovi si chiamano “Grandi Mulini a Vento”.

Alla faccia dell’understatement.

Altro esempio. Multisala galattica nel centro di Copenhagen con 18 sale Dolby Surround eccetera. Banco dei popcorn. C’è la confezione “Baby”, “Piccolo”, “Medio” e “Grande”. Lasciami spiegare le quantità. Il Baby è piccolo, e OK, va bene se vuoi sgranocchiare 2 popcorn, ma lo fanno per i bambini che con queste porcate si riempiono subito. Il Piccolo è una quantità per una persona adulta affamata. Il Medio è meglio se hai un amico vicino sennò lo butti via mezzo. Il Grande, oltre ad essere inavvicinabile anche in coppia, è una cosa mostruosa: una volta seduti, occlude le arterie femorali del portatore ed impedisce parzialmente la visione del film. Se vuoi appoggiarlo sul sedile a fianco devi pagare un biglietto anche per lui (il Mostro). E comunque è stato pensato per famiglie patriarcali comprendenti 4 generazioni, che con quello che hanno pagato complessivamente di biglietto potevano diventare azionisti di maggioranza di tutta la baracca. Per dire la quantità, io e Tabby una volta abbiamo preso il “Medio”, ce lo siamo lavorato ai fianchi in due, ce ne sono rimasti, e comunque ho fatto ruttini che sapevano di popcorn per un paio di giorni successivi.

Sto immaginando il nome che daremmo noi italiani a delle misure del genere. OK per il Baby, ci può stare. Poi: “Piccolo” diventa “Medio” (nella nostra cultura chi lo compra piccolo è perché ce l’ha piccolo, quindi “piccolo” non esiste nel marketing), “Medio” diventa “Gigante” e “Grande” diventa “Gargantua e Pantagruel”. E ti serve la American Express Platinum a plafond illimitato, per comprarlo.

Da considerazioni come queste, Tabby parte per dire che secondo lei i Danesi soffrono di complesso di inferiorità.

Ho provato allora, da perfetto ignorante in materia, a fare una analisi sociologica del concetto. Sociologia da Bar Sport, appunto, visto che non ho nessuna preparazione in merito, neanche vicina.

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Premessa.

Allora, i Danesi erano il potente popolo dei Vichinghi, si dice scopritori dell’America secoli prima di Colombo, sicuramente arrivati fino a Terranova. Sempre stati conquistatori, viaggiatori, guerrieri, commercianti. Terre sconfinate del Nord appartenevano a loro, e alla Svezia. Avevano possesso di territori dalle Indie alle Isole Vergini, che con molta fantasia le chiamavano Indie Occidentali, ma dai. Poi a un certo punto, nonostante le dichiarate neutralità, qualcuno si è svegliato fuori e ha detto ah siete neutrali? beh io mi riprendo questo, e questo, e questo, tiè! E si sono ripresi terre sterminate, mi viene in mente la Germania, per dirne una, e per farla breve i Danesi sono stati stipati in questo piccolo lembo di terra, battuto dal mare e dal vento.

Si sono ripresi anche l’Islanda, che i Vichinghi avevano scoperto per caso una volta che dovevano andare alle Faroe Island. Mi sembra di vedere la scena: “ehi non è che stiamo navigando da troppo tempo?” “oh cazzo è vero, vuoi vedere che non ho svoltato dopo il terzo scoglio a sinistra?” “cretino, ti avevo detto di stare attento! diobonino va a finire che mi scadono le mozzarelle nella stiva” “eh va bè, ma il timone è duro, sono stanco, c’ho delle storie con la tipa” “spetta spetta.. ma quella cos’è?” “Tierra, TIERRA!”. Era nientemeno che l’Islanda.

E infatti si narra che il marinaio della Pinta che avvistò San Salvador 600 anni dopo, la sera prima di partire con Colombo fosse andato al multisala a Palos a vedere un film sui Vichinghi, e si dice appunto che quando vide terra si ricordò dell’esclamazione e la ripetè, anche perché faceva figo e intellettuale, e a lui piaceva fare lo sborone coi colleghi.

Per il resto gli hanno lasciato la Groenlandia e le Faroe Island e qualche altro francobollo di terra in giro.

La Groenlandia è un posto sconfinato ma è un po’ freddino e non è che ci sia molta gente che ci vuole abitare. Tra l’altro vorrei vedere dove lo vedono il verde (Grønland=Greenland=Terra Verde) visto che è tutto praticamente perennemente coperto di neve e ghiaccio. Qualcuno ipotizza che battezzando il posto si riferissero al colore di muffe tenaci, quelle che sopportano anche il freddo del freezer pur di scorpacciarsi la tua marmellata. Altri, più prosaicamente, fanno riferimento al colore della pelle degli abitanti. Oddio, credo che diventerei verde anch’io in un posto così.

Le Faroe Island sono un po’ più caldine (avevo un voto ignobile in geografia, ma a occhio e croce dovrebbe sentirsi un po’ di corrente del golfo in zona) e anche se non sono le hawaii sono abitabili; e infatti ci abitano. C’è solo un problema, che non c’è molto spazio. Infatti ci sono case, anche con giardino, che tuttavia per ragioni di forza maggiore non è estremamente ampio. Nel giardino ci stanno, nell’ordine: uno stendipanni a 2 fili, uno scivolo per i bambini purché ripido, e mezzo nano di gesso. Basta, perché poi c’è il mare. Loro sono contenti perché due famiglie si accordano, comprano un nano, lo segano a metà ed ecco arredato il giardino a metà prezzo. E se lo metti di profilo non si vede. In più sudare sudano poco, e due fili di stendipanni bastano anche per il bucato di famiglie numerose.

Certo, in un posto così, senza divertimenti particolari, una delle attività principali non può essere che trombare. Eppure il numero di abitanti non si incrementa più di tanto. Perché? Facile. Gli scivoli ripidi. I bambini prendono delle velocità da iperspazio, alla fine dello scivolo (che è infingardamente curvata a trampolino) decollano come dei patriot, ammarano, incontrano esseri che non hanno mai visto, colonie di foche, e prendono accordi verbali con loro, le quali essendo in flusso migratorio volentieri li accolgono ed allevano; la migrazione è generalmente verso le Isole Vergini (vedi sopra), dove le foche possono andare al bar e prendersi una birra senza dover parlare in inglese; spesso tuttavia i bambini, in competizione con le fochine su chi arriva prima, commettono un errore di calcolo tachimetrico e si spiaggiano. E poi visto e considerato che non è male si stabiliscono là.

E quando per uno scherzo del destino, qualcuno in vacanza alle Isole Vergini li riconosce e li vuole riportare nella Patria, loro fanno il gesto dell’ombrello, significando che preferiscono starsene in costume da bagno 24/7 e spiccare noci di cocco dalle palme piuttosto che vivere nel freddo porco tutto l’anno, in un posto dove il massimo divertimento è segare a metà nani di gesso.

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Tesi.

Sintetizzando molto: grandi all’inizio, bastonati a metà, orecchie basse dopo.

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Conclusioni.

Complesso di Inferiorità.

CVD

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Dopo questa mi danno la laurea Ad Honorem in Sociologia.

I Danesi hanno questa lingua strana. E’ un insieme sgarbato di suoni gutturali e consonanti interrotte, unito a un numero di vocaboli così ridotto che ti sembra di sentire sempre le stesse cose.

Come dice Simone, in realtà emettono dei suoni che vagamente ricordano il concetto, ma non capiscono neanche loro quello che dicono. Però, bene o male, sapendo il contesto del discorso, l’interlocutore intuisce cosa l’altro vuole dire. Poi a un certo punto uno ride, l’altro anche, ed eccoti risolto il problema della comunicazione :)

In realtà qualche termine ce l’hanno, però dai, parliamoci chiaro, sono sofisticazioni, robe da filosofi. A cosa serve, alla fine dei conti? Se vai dal panettiere è chiaro che non vuoi comprare un badile, no? Abbai qualcosa, quello riempie un sacchetto di pane ed è fatta. Non scherzo: noi abbiamo diversi prodotti dati dal porco: prosciutto cotto, prosciutto crudo, coppa, pancetta, pancetta arrotolata, lardo, strutto, ciccioli, salame in 20 tipi diversi, speck, mortadella, spalla, e chi più ne ha più ne metta. Loro? Prosciutto. Fine. Stessa roba: vai dal salumiere, è chiaro che non sei lì per comprare una motofalciatrice, indichi col dito il tipo di “prosciutto” dicendo qualcosa il cui suono ricorda quella cosa, ed è fatta.

A parte gli scherzi, è comunque una lingua strana. Hanno un set di parole ridottissimo e lo usano pure male. Esempio, attenzione, hanno un verbo per gli animali che partoriscono. Cioè hai presente belare, nitrire, grugnire, loro hanno anche un verbo per ogni tipo di parto, quindi tipo (immagino) gattare, paperare, cagnare (hmm suona strano), cavallare, porcellare (non suona benissimo), pecorare (eh anche peggio), e così via.

Io il danese lo devo imparare, ma per fortuna per parlare con la gente con cui avrò a che fare, sperabilmente per lavoro, non dovrò parlare di porcellare o pecorare. Beh spetta, dipende sempre da quanto è tenca la segretaria..

(Questa è meglio che Tabby non la legga)

ANT

edit di ANT del 12 giugno 2007: il Simone mi ricorda che l’originale concetto sulla lingua non è suo ma del Casadei; non quello dell’orchestra di liscio, un altro. Che è un vero personaggio, ed è decisamente più divertente da ascoltare che non “il” Casadei che conoscono tutti :)

In Danimarca piove spesso, ed in inverno naturalmente è neve. Sono molto organizzati per ripulire dopo ogni nevicata, affinché nessuno abbia a scivolare e ferirsi nel camminare su marciapiedi ghiacciati. Lodevole, ma in alcuni casi dannoso.

Una mattina mi sono svegliato, diciamo piuttosto presto. Anche d’inverno teniamo la finestra sfessurata per cambiare l’aria e fuori c’erano dei rumori insopportabili ad un orario poco cattolico.

Questo è un messaggio mandato la mattina stessa, piuttosto presto ;)

Una nota: in mantovano una “trolla” è equivalente a “spartineve”.

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Tabby mi ha spiegato che, al vecchietto addetto alla pulizia dei marciapiedi del quartiere, hanno comprato una nuova moto-trolla-spargisale con scappamento truccato per pulire quando nevica. Stanotte sono venuti 2,5cm di neve. QUIZ: indovinare dov’era stamattina alle 05:30, tutto orgasmato, il vecchietto.. (vediamo se ci prendete).. Ciao ANT

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Risposta: sotto la mia finestra che sgasava. Secondo me aveva anche cambiato carburatore e collettore..

Dunque. Perché la Danimarca? E perché Scarrafone? Scarrafone, dicevo, perché sono Italiano. E in questa terra di Vichinghi io per loro sono nero come tutti gli altri, siano Greci, Turchi, Marocchini o Portoricani. C’è di bello che i Danesi sono estremamente tolleranti e non sono razzisti per niente. Anzi lo sono, ma in un altro verso: sono molto razzisti nei confronti dei fancazzisti e di chi vuol fare casini. Se lavori e righi dritto, loro ti vedono biondo e con gli occhi azzurri anche se porti coppola e lupara, se hai in testa il burqa o perfino se ti eserciti per fare il Muezzin nel mezzo di Vesterbrogade all’ora di punta. E’ un lavoro anche quello.

Lo Scarrafone è emigrato per l’ammore. Perché voleva vivere con la sua fidanzata.

E anche perché allo Scarrafone i Danesi e la Danimarca ci piacciono molto. Lo Scarrafone ne condivide il modo di vivere e i principi. Un esempio? Fanno le file. Non cercano di fottere gli altri facendo gli indiani e facendo finta di non aver visto la fila, anche se è talmente lunga da risultare palese. Se lo fanno è davvero involontario e se se ne accorgono, o se sgamati, si scusano, non s’incazzano come facciamo noi. Generalizzo, naturalmente, ma è per esprimere il concetto che per loro fare il furbo è sbagliato, quindi non lo fanno. Mi piace questa cosa.

Tolleranza.

Libertà. Libertà di tutto, purché tu non rompa le palle agli altri.

Nessuno che si fa indebitamente i cazzi degli altri.

Ah, e niente stati stranieri che dettano legge, qui le leggi se le fanno loro e se devono approvare qualcosa che tocca la vita di tutti fanno una consultazione elettorale.

Insomma mi piace questo posto. Anche se hanno votato per tenere le corone invece dell’euro e questo costringe a complicati calcoli mentali: in una mente come la mia, già stravolta dall’avvento dell’euro dopo trent’anni che usavo le lire è ancora più incasinato, ma ho trovato una formuletta mentale facile facile per tradurre nei due sensi e non è malaccio alla fine.

Potrei continuare a scrivere per giorni, ma diventerebbe un po’ lunga, quindi smetto.

Ma se vuoi sapere di più, scrivi e chiedi :)

Lo Scarrafone

No, non è uno scherzo, e neanche un modo poco gentile per definire la pizza danese.

Dunque quando vieni a stare qua ti mancano due cose, fondamentalmente:

1. il caffè. Il caffè più corto che riesci ad ottenere è esattamente uguale al nostro. Purtroppo però è come se il barista mentre lo fa gli è venuto un attacco di cagotto esplosivo e ha dovuto mollare tutto per non scoppiare dietro al banco con effetti disdicevoli. E il caffè è venuto un po’, diciamo, lungo. Per il resto il caffè “regolare” qui è una brodaglia calda e scura che ha un vago sapore di caffè. Non dico che abbiamo ragione noi o loro, intendiamoci, è solo questione di malintesi: è la stessa parola per definire due cose completamente diverse.

2. la pizza. eh, la pizza. Che siano pochi gli italiani che fanno la pizza qui è facile intuirlo: andando in giro trovi delle grandi insegne luminose complete di tricolore (coricato sul fianco però; cos’è, Irlanda? Jamaica? Nuova Zelanda?) e con la scritta “ITALIAN PIZZARIA” (sic!) e non serve essere iscritti all’Accademia della Crusca per rendersi conto che qualcosa non quadra. Infatti le “Pizzaria” qui sono gestite per la stragrande maggioranza da Turchi. Ai Danesi che glie frega, siamo colorati uguale, Albanesi, Turchi, Italiani, Montenegrini, non fa differenza, è esotico e va bene.

Veniamo al titolo del post. Merdos Pizza. Merdos è una potentissima catena di pizzerie con consegna a domicilio: hanno punti di produzione ovunque in città e per questo sono organizzatissimi e hanno consegne velocissime. Ci riescono anche se non possono guidare come a Istanbul (altrimenti gli incendiano la patente con formula “Ad Aeternum” adducendo infrazione di 27 articoli del codice in una sola manovra).

Merdos. Io non ho nozioni di lingua turca ma sospetto che “Merdos” sia una gran bella parola in turco; tipo: “gloriosa”, o “poderosa”, o “magniloquente” (?) o magari semplicemente “molto buona”. Peccato che gli esperti di marketing della Merdos non abbiano pensato a fare una indagine per il significato nelle varie lingue. D’altra parte se la Ford ha lanciato il “Ka Phone” (il telefono per la Ka integrato col viva voce) che in italiano suona esattamente come “Cafone”, e la Ford poteva ben permettersela una indaginina di mercato, lasciamo a Merdos la possibilità di sbagliare. A proposito, c’è un <<sito>> che riporta tanti errori di marketing di questo tipo (in inglese).

Ma sto divagando, quindi torniamo a Merdos. Dovresti vedere il listino: degli accostamenti di gusti che la prosciutto e funghi e ananas in confronto è una pizza originale napoletana..

E comunque, concludendo, in fondo in fondo la Merdos Pizza non è malaccio. Sono abituato a cucinare, ovviamente con gli ingredienti che trovo (e non sono tutti), ma talvolta dici mah chiamo pizza e vai che stasera ce la siamo sfangata. E qui giunge il problema. Un Turco in Danimarca che parla a malapena il danese, che non sa l’inglese, al telefono; Turco al quale devi spiegare che vuoi la pizza numero N (e per carità non richiedere modifiche), al quale devi anche comunicare un indirizzo danese in inglese. Il top. Ma ce l’ho fatta, la Merdos l’ho provata, e devo dire che la deep pan pizza (quella alta) non è malissimo.

“Non è tutto merdos quello che Merdos” (Confucio)

ANT

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