Funnies


Disclaimer: magari sei mio amico, ma se stai leggendo questo significa che non è il tuo necrologio

Era un giovane di modeste origini ma con grande vitalità e soluzioni geniali in tasca, che non esitava a mettere a disposizione degli altri.
Aveva scalato con fatica i gradini sociali, ma senza calpestare i diritti altrui di fare altrettanto, ed una volta arrivato nel gotha della sua categoria, ha vissuto senza snobismo e nel costante tentativo di migliorare ulteriormente.

La vita non è stata gentile con lui, tuttavia. Era sopravvissuto senza problemi alla perdita di un dente fondamentale; una ferita lacero-contusa al petto, probabilmente per cause congenite, lo ha fatto soffrire molto ma ha sopportato in silenzio, e comunque ciò non aveva scalfito il suo orgoglio: aveva sdegnosamente rifiutato sia i punti di sutura che il riconoscimento di invalidità al valor civile, che gli avrebbe garantito una vecchiaia dignitosa; coerente al suo stile, ha stoicamente portato avanti la sua missione senza mostrare il minimo segno di egoismo; tuttavia l’ultimo strale, un aneurisma alla cerniera, ha trafitto la sua vivacità e dopo una breve agonia la sua giovane vita si è spezzata.
Il cuore dell’amico Marsupio Grigio si è fermato nella serata di giovedì.

Per ragioni ambientalistiche non sarà possibile esaudire il suo desiderio di cremazione; sarà quindi tumulato nel bidone del misto e prelevato dalla Nettezza Urbana il prossimo venerdì.
Si ringraziano fin d’ora tutti coloro che vorranno portare un cenno di cordoglio e partecipare alla mesta cerimonia.

Non fiori, ma opere di bene (*)

RIP

(*) tipo un marsupio nuovo, per esempio

 

Dopo quasi 14 anni di onorato servizio, e centinaia di migliaia di contatti, il sito ufficiale www.freeant.net è andato offline.

Aggiungerei anche “dopo decine di periodici buoni propositi di aggiornamento, riorganizzazione, riscrittura” rimasti nel cassetto.

Era nato quando il web era ancora una meravigliosa novità, quando non tutti avevano ancora un modem per connettersi; Italia Online e Libero iniziavano ad offrire connessioni gratuite (cioè, si pagava solo la telefonata del modem; ebbene sì, prima di quello si pagava anche l’abbonamento!) e Internet era ancora una magia alla quale era difficile credere.

Tuttavia oggi freeant non ha più ragione di esistere.

Era realizzato con stile assolutamente amatoriale ma con contenuti ricercati, ed il successo tributatogli è andato ben oltre le mie più selvagge aspettative.

Da oggi rimane solo il blog, di uno Scarrafone neanche più danese. Prometto che cercherò di scrivere un po’ di più qui. E per fortuna che non sono Pinocchio, altrimenti sarebbe stato difficile continuare a scrivere questo articolo con un buco nel monitor :)

Vorrei dire grazie a tutti coloro che hanno visitato freeant.net, che hanno contribuito, aiutato a costruirlo; tutti quelli che hanno scritto per ringraziarmi per un pomeriggio trascorso in allegria a leggere le mie stronzate, e anche quelli che non lo hanno fatto ma per i quali è stato un posto in cui fermarsi a trascorrere un po’ di tempo. Grazie anche a tutti quelli che ci hanno messo letteralmente la faccia, in foto, e che hanno tollerato con bonaria benevolenza ciò che ho scritto di loro.

E questo è probabilmente anche il momento di svelare che nessun prodotto è mai stato certificato ISO/ROL.

Inoltre, il mitico protocollo di rete PCP/IP, purtroppo, non esiste. La Pasta Gorilla, con i suoi interessanti effetti collaterali nemmeno, ma forse la più grossa delusione per tutti quelli che lo attendevano con ansia è che non esiste nemmeno il Caccolkiller.

La supposta a reazione invece prometteva bene, ma non è mai arrivata a una commercializzazione su larga scala a causa di imprescindibili problemi nel sistema di mira, e quando mirava bene talvolta si verificava un problema nel distacco del serbatoio di carburante, rendendo il proiettile, diciamo, di dimensioni sgradevoli; le cavie umane che si sono simpaticamente prestate per i test non ringraziano. Comunque nessun animale è stato seviziato nel corso dei test, e questo è l’importante per il WWF. E, per la cronaca, l’originale era la mia, mica quella di facebook.

Infine, a quelli che per farmi rimuovere un contenuto, anziché scrivermi una mail da persone civili dicendo senti amico eccetera, hanno preferito fare i bulli ed arricchire il già probabilmente grasso conto in banca dei propri avvocati, una risata in faccia ed il memento che Darwin qualche ragione ce l’aveva, l’ha dimostrato, ed il tempo gli darà ragione. E nel frattempo, Montezuma è lì che sotto sotto (letteralmente) lavora..

Per il resto, Grazie a tutti!

 

freeant.net signing off

ATH+++

CARRIER LOST

;)

Ho pubblicato tutti gli articoli arretrati, che per qualche oscuro motivo non avevo messo fuori.

Ci sono Giugno, Settembre e Dicembre 2011, più marzo 2012. Evviva la Spray Pan!

‘Il Ponte’, articolo di Marzo 2012

Vieni Cara, che ti spruzzo di Spray Pan

Esattamente due anni or sono avevo promesso che avrei approfondito l’argomento, e adesso che sono in Italia, a maggior ragione credo sia venuto il momento di parlare del fascino che il termine straniero incute sull’immaginario dell’italiano medio. Mi autocito: “..i nomi di prodotti e servizi sono indiscutibilmente più efficaci se espressi in una lingua misteriosa. E questa lingua arcana, l’inglese, per i danesi a) non è esattamente una cosa enigmatica e b) è una necessità, perché per esprimere certi concetti quelle parole proprio gli mancano. Per noi invece, proprietari di uno dei vocabolari più ricchi del mondo, il fascino dell’impenetrabile mistero è uno dei meccanismi che spingono a rinunciare ai patrii vocaboli.”

Ed infatti qui, sul verace suolo natio, l’inglese è l’arma finale del markettaro maledetto. Dai a un prodotto un nome esotico, straniero, preferibilmente inglese, e le possibilità di vendita si moltiplicano al limite dell’esponenziale. Non serve un sensitivo per capire che non è questione di qualità, bensì di percezione e del fascino esercitato sul potenziale acquirente.

Ho l’imbarazzo della scelta, da dove potrei cominciare? Dai bambini! Come fai a negare a tuo figlio una merendina “Mister Day”, un “Minisnack” o l’immortale “Kinder”, di fronte ai quali il glorioso Buondì Motta impallidisce per il suo provincialismo? Se invece sei cresciuto, a colazione preferirai senz’altro le “Gocciole Extra Dark” a un banale frollino con gocce di cioccolato. Sei a dieta? A pranzo due Cracker, e guai a lamentarsi. Da decenni Montana e Simmenthal dominano la loro nicchia di mercato, evocando vacche molto più gustose di quelle nostrane. Vogliamo forse paragonare le sconfinate praterie del grande west americano con quelle di Borgosatollo in provincia di Brescia? E visto che siamo nel west, parliamo del fascino degli uomini rudi che si cimentano in un Rodeo. I Rodeo sono triangolini di polenta croccante che ad un vero rodeo fanno la figura dei cavoli a merenda, visto che il cibo più consumato sono Hamburger e KFC (sarebbe il Kentucky Fried Chicken, ma quando sei affamato al banco, tendi a dire solo la sigla, per tagliar corto ed arrivare prima al sodo); in questi frangenti, un tagliere di polenta fumante andrebbe invenduto, e non è solo questione che per dire “Polenta Taragna” ci vuole più tempo che a dire “KFC”.
E veniamo al dolce. Un bel Maxibon o un Magnum sono un rompidigiuno ma anche il perfetto coronamento di un pasto: il ghiacciolo al limone lo lasciamo a chi ha preso troppo Favoritore Metabolico.
Calziamo scarpe Puma, ma quando vogliamo la vera eleganza non diciamo di no a un bel paio di Tod’s. E, in un certo qual modo, non mi sento a mio agio in un calzone in canapa blu, molto meglio i miei comodi Jeans. Che saranno magari Rifle o Diesel. Italianissimi, ovviamente, ma vuoi mettere il fascino?

Ed ora, come se non lo facessi mai, lasciatemi partire per la tangente: dopo un lungo inverno Indoor dedicato al Fitness e al Body-Building è tempo di uscire per i miei Hobby: Jogging o Mountain-Bike, ascoltando la Compilation della Hit-Parade sul mio Walkman High-Tech; domanda: sabato sceglierò la Station Wagon con Computer di bordo e doppio Airbag o il Pickup con il Car Stereo e la Roll-Bar? Ma chissenefrega, tanto devo solo andare a prendere uno Snack e una Seven-Up all’Autogrill, l’unica cosa che mi serve è il Telepass. Al Drive-In ci andrò domenica, non prima di aver tolto l’Hard-Top alla mia Spider per vedere il Film con maggiore Comfort.

E stasera, amore preparati: se mi fai uno Strip-Tease, poi ti cospargo di Spray Pan!

Ma qui devo Stoppare, visto che Il Ponte è un Magazine per famiglie e lo leggono anche gli Under-18. Non vorrei mai che per colpa mia Junior e Teenagers scoprissero anzitempo che il motivo per cui sugli scaffali dei Supermarket danesi manca la Spray Pan è in realtà l’arma segreta dietro al motto “Italians do it better”.

‘Il Ponte’, articolo di Dicembre 2011

Kotekino

Scherzavo, lo giuro! La volta scorsa, quando parlavo dell’annessione del Lombardo-Veneto all’Austria, era uno scherzo. Non sapevo quanto la situazione fosse drammatica e cruda. Probabilmente, per quanto l’ambiente sia ovattato -così lo ricordo- qualche notiziola sul triste stato dell’Italia e le sue attuali responsabilità riguardo la tenuta della Moneta unica sarà arrivata anche lì.
Parto col dire che questa cosa ci è stata pervicacemente e pelosamente nascosta. Volendosi fidare della cronaca nazionale, infatti, eravamo messi meglio degli altri e chi diceva il contrario -ovvero tutto il resto del mondo- era un beccamorto allarmista. Invece il problema c’è, adesso lo sappiamo, e proprio sul nostro modo di viverlo mi volevo soffermare.
In generale, la nostra personale spocchia ci porta ad arrogarci il diritto di decidere, in materia di leggi e regole, cosa è giusto e cosa no, ma non in bianco e nero: mentre ci sono atti giustamente ostracizzabili per la loro gravità, la zona grigia risulta essere ampissima; una zona nella quale ci si sente in grado di decidere come comportarsi, in base a fattori che sfortunatamente sono assolutamente personali e perciò differiscono da individuo a individuo. Faccio un solo esempio, stradale, perché è il terreno più ricco, ed anche il contrasto più stridente con la Scandinavia: una bella fermata o meglio ancora sosta breve, possibilmente con fuoristrada o SÜV, occludente un’arteria dedicata ad altri mezzi (corsie taxi e bus, ciclabili, marciapiede), per giunta per futili motivi: fare cinque passi di meno per raggiungere la destinazione; io che invece cammino volentieri, e soprattutto preferisco non occludere le arterie di nessuno, quando vedo qualcuno che ha criteri visibilmente più egocentrici chiedo, forse un po’ troppo sfacciatamente, il perché. Le risposte? Omettendo i poco gentili inviti a prender cura dell’affar mio, conto tanti “embè?”, “non c’era/non passava nessuno” oppure con un drammatico ed arbitrario depotenziamento dell’infrazione: “oh, chissà/e che sarà mai”. Ed in effetti, a parte poche eccezioni, non si sono messe vite in pericolo, né fatti danni alle cose, tutt’al più l’autobus avrà scartato sulla corsia normale, mentre ciclisti e pedoni sono abituati -e rassegnati- alla serie B. Le forze di polizia hanno ben altro a cui pensare, tra cui fare collette per comprare la benzina (lo sapevate?) per cui la possibilità di essere beccati, di fatto, non esiste; ma alla peggio si discute un po’ (NB: si discute? E’ il Codice della Strada perbacco!) e magari ce la si sfanga, semplicemente portando l’agente a confrontare la pochezza dell’atto in confronto al terrorismo o alla fame nel mondo.
Ora, l’Europa ci ha imposto una “Road Map”, forma gentile che significa “pressante to-do list”, e non si discute che le cose siano da fare, assolutamente e con estrema urgenza, altrimenti l’Italia va in default -e con essa c’è una buona possibilità che tiriamo giù anche l’Euro.
L’atteggiamento dell’italiano medio? Esattamente “oh, chissà/e che sarà mai”. Non so se mi spiego: siamo ancora nella zona grigia, dove il libero arbitrio DEVE regnare sovrano! Rendersi conto della gravità della situazione, della necessità di seguire indicazioni perché altrimenti sono amarissimi cavoli, no, non fa per noi. Ma sì, dai, parliamo col vigile e vedrai che tutto si sistema.
Io non ci sto, e vorrei quindi aprire il toto-annessione. Sì, guardo proprio voi. Che fate, ci prendete? Dai, per favore, dopo essermi abituato a pensare in corone, tornare all’euro è un incubo. Fatelo almeno per me! Tanto per noi “Francia o Spagna, basta che se magna”, ma siccome nouvelle cousine e tapas non assicurano il giusto apporto calorico, chissà che non riusciamo, nel Natale di Danitalia, a mangiare Smørrebrød e Salame, Kotekino med Persillesovs, kirsebærbabà ed ovviamente Julebryg per tutti.
Buon Natale!

‘Il Ponte’, articolo di Settembre 2011

Porcellum

Come sia successo non lo so, qualche giorno fa ho scoperto che nel mezzo del cammin di diventare danese pensavo di tornare italiano ed invece mi ritrovo ad essere austriaco. L’italiano in me risulta scomparso, almeno da un punto di vista meramente burocratico.

Il responsabile è un certo Calderoli, Ministro delle Semplificazioni nonché autore della legge elettorale che era stata denominata “Porcellum” per via della sua sensatezza ed equilibrio.

Probabilmente, alla fine del 2010 qualcuno gli ha detto che durante l’anno non aveva semplificato abbastanza, per cui essendoci poco tempo prima delle vacanze natalizie ha deciso di andar giù di falce anziché usare un più adatto bisturi. Leggi e Decreti son materia delicata, si rischia di fare dei pasticci. E infatti.
Il falciatore, nella furia pre-vacanziera, ha finito per stralciare anche un Regio Decreto del 1866 che annetteva Mantova e tutto il Veneto all’Italia.
Va detto che prima di quella data il territorio era austriaco; chi non si ricorda il Quadrilatero (Mantova, Peschiera, Verona e Legnago)? A scuola ci hanno fatto una testa così, e mi sono limitato alla parte superiore del corpo. Ed il Feldmaresciallo Radetzky, legato indissolubilmente a queste zone, chi se l’è dimenticato? Persino i giapponesi sanno chi è, a giudicare dall’entusiasmo mostrato quando, a coronamento del “Neujahrskonzert” di Vienna, viene (immancabilmente) riprodotta la famosissima Radetzky March.
Tra l’altro nella storia, cultura, nei cognomi ed anche nella cucina della nostra zona, rimangono tracce inequivocabili di questa “dominazione”; cioè, non è che ce lo siamo inventati perché ci piace fare gli originali.

Beh, tutto questo è stato “semplificato” stralciando il Decreto, pertanto Mantova e Veneto sono ufficialmente tornati ad essere austriaci.
Il fatto è che l’Art. 5 della Costituzione dice che la Repubblica è una e indivisibile. Peccato però che, avendo cancellato il Regio Decreto, da un punto di vista puramente formale questi territori non sono mai stati italiani, né parte della Repubblica, che insieme alla Costituzione è venuta molti anni dopo l’annessione, che però a questo punto non è mai stata fatta.
E’ come se Calderoli fosse entrato in una macchina del tempo, fosse andato nel 1866, avesse sfilato il Decreto dalle mani del Re -magari dicendogli che era il fattorino del Colle e che lo stava portando al Presidente della Repubblica per la firma- e poi se ne fosse sbarazzato il qualche modo pittoresco, o lo avesse tenuto per ricordo per farci su due risate in qualche cena in baita con i compagni leghisti. Poi, magari, poteva succedere che sulla via del ritorno sbagliava data e finiva nel triassico, come cibo in scatola per qualche super-rettile. Ma questa è fantascienza.

A questo punto la situazione va sanata. E, molto probabilmente, quello che succederà è che verrà fatto un accordo con l’Austria affinché tutto il territorio possa essere preso in carico dalla Nazione vicina; tuttavia ho la sensazione che entrerà in gioco qualche cavillo burocratico che farà sì che mentre i nostri territori saranno completamente a carico loro, il sistema fiscale -e solo quello- rimarrà saldamente ancorato all’Italia.

In ogni caso, mi sento confuso. Abbandonati gli studi sulla lingua danese, ho il sospetto che dovrò sbrigarmi a imparare il tedesco.

Vi farò sapere come va a finire. Per il momento: Auf Wiedersehen!

Nonostante quanto è successo, ho continuato la mia collaborazione con ‘Il Ponte’
Questo è l’articolo di Giugno 2011.

Farvel (farewell)

Non pensavo sarebbe successo, tuttavia questo sarà con tutta probabilità il mio ultimo contributo. Torno in Italia, e con qualche rammarico.

Ci sono quelli che non ce l’hanno fatta a stare qui, che si sono riconosciuti incompatibili con questo Paese. A noi italiani accade, talvolta, forse più spesso che ad altri. Ricordo ancora una coppia, qui per lavoro da anni, e vedevo questa tristezza nei loro occhi, una specie di rassegnazione. La mia sensazione è che si considerassero reclusi, o peggio in esilio, al confino.
Siamo diversi, parecchio, ed integrarsi con questa cultura risulta difficile per noi, figli di un paese ricco -sotto tanti aspetti- rispetto a chi viene da culture ancor più diverse ma con niente da perdere.

Comunque no, non sono tra quelli.
Adoravo questo Paese. Ho imparato ad amare i difetti di questi danesi, talvolta pigri ed approssimativi, e perché no, anche un po’ impacciati, teneramente, nei rapporti interpersonali, almeno in confronto ai nostri standard.
E quanto ai tanti pregi, è inutile spendere parole, sappiamo tutti di cosa parlo. Parafrasando lontanamente Goethe, riferendosi alla persona amata, qualcuno ha scritto che le virtù si apprezzano ed i difetti si amano; mi ci riconosco, nonostante il più serio tra i difetti che io abbia notato fosse questa dannata superficialità e pervicacia nell’osare mettere sullo stesso piano una ventennale esperienza di ricerca in informatica con lauree fresche terzomondiste -magari acquisite da qualcuno senza la Passione, ma a cui è stato detto che studiare in questo campo dà certezze.

Ma tant’è. Ed, a proposito della persona amata, questo è un po’ il motivo. L’ho perduta, e per me lei e Danimarca erano la stessa cosa. Questo rapporto, nato simbiotico, fa sì che non mi ci vedrei più molto, a vivere qui. Mi sono sentito uno straniero proprio quando iniziavo a sentirmi danese.

Volevo ringraziarvi per la pazienza nel cercare di estricare un pensiero dai miei scritti, talvolta un po’ convoluti. E per le numerose attestazioni di simpatia che avete fatto pervenire. Poi, chissà, magari la direttrice accetterà qualche altro mio pezzo in futuro ed avremo così modo di sentirci ancora. Ed un grazie speciale proprio a lei, la direttrice Grazia Mirabelli, per lo spazio che mi ha concesso su questo periodico.

E per chiudere questo scritto avevo scelto simbolicamente la parola “farvel”, quando improvvisamente mi è scappato da ridere perché i danesi la pronunciano proprio così, come due che s’incrociano per strada in un paesino del bolognese:
“Ma csa fèt?” “Mo vè, farvèl!”

Seriamente, adesso.
Da parte mia, i migliori auguri di buona vita a voi, italiani in Danimarca.

Ciao,
Antonio

‘Il Ponte’, articolo di Marzo 2011

Non è che questo abbia molto a che fare con i danesi, se non che è senz’altro una delle innumerevoli cose difficili da spiegare. Ma oggi mi girava così, per cui faccio la faccia faceta e sparo, appunto, qualche completa facezia.
In italiano abbiamo tante filastrocche ed alcune tiritere o scioglilingua, come panche che determinano la sorte di povere ed indifese capre, o la poco credibile storia di trentatre trotterellanti trentini. O anche la storia del cane pazzo che invariabilmente, nel trasporto e la fretta della dizione, si tramuta in anagrammi che qui non si possono dire. Volevo invece soffermarmi sulla incredibile storia dell’arcivescovo di Costantinopoli. A questo proposito vorrei dire che gli arcivescovi di cui si parla hanno la minuscola proprio perché non vorrei correlarli alle più note e benemerite figure della gerarchia ecclesiastica. E’ solo una filastrocca e vorrei che rimanesse tale, senza riferimenti.
Comunque, a beneficio di chi non la sapesse, ne riportiamo una versione: “Se l’arcivescovo di Costantinopoli si disarcivescovicostantinopolizasse, vi disarcivescovicostantinopolizzereste voi?”.

E subito viene un dubbio: ma che domanda del cavolo è?

Primo. Se uno è un arcivescovo, non credo che abbia ‘sta gran voglia di disarcivescovizzarsi. Intanto, di arcivescovi non ce ne sono tantissimi al mondo, ovvero come personaggio sei un tantino importante; in più sei a due passi dal diventare il Big Boss, per cui credo sia una carica che uno farebbe di tutto per tenersela stretta. Come dire: che domanda, ma disarcivescovicostantinopolizzatevi voi!

Secondo. Ci viene chiesto (plurale) se vogliamo disarcivescovicostantinopolizzarci, nel caso improbabile in cui l’arcivescovo di Costantinopoli faccia lo stesso. Ciò involontariamente suggerisce che in passato c’era stato un tempo felice in cui nessun arcivescovo avrebbe neanche lontanamente pensato alla disarcivescovicostantinopolizzazione, ma insinua anche che a Costantinopoli c’era un totale, come minimo, di DUE arcivescovi: quello originale, me, ed eventualmente pure tutti gli altri ai quali è stata rivolta la domanda, nella quale il “voi” non suona esattamente come una forma di cortesia. Per quanto sia grande quella città -a mio modestissimo parere- due calibri di quel tipo non li porta. E figurarsi poi se sono di più. Credo che una attenta analisi avrebbe rivelato che quel famoso tempo non era poi così felice: niente conclavi di arcivescovi concordanti strategie ecumeniche in letizia mano nella mano, bensì lotte intestine, personaggi che passavano tutto il loro tempo a cercare di farsi le scarpe -o le babbucce- a vicenda, trascurando la Missione -che è particolarmente importante essendo Costantinopoli, passami i termini da basso medioevo, la porta sulla soglia della terra dei mori.
Io ci terrei a quella Missione, e siccome un po’ bastardello lo sono, se a me nella veste di co/arcivescovo di Costantinopoli avessero rivolto quella domanda avrei risposto sì, assolutamente, risolutamente sì. Non solo: avrei pure organizzato assemblee, seminari ed eventi di sensibilizzazione per tutta la popolazione di arcivescovi di Costantinopoli, portando chiari ed inconfutabili motivi sulla giustezza di una disarcivescovicostantinopolizzazione. E, una volta che tutti si fossero disarcivescovicostantinopolizzati, avrei ignominiosamente ritrattato la mia accettazione adducendo impedimenti di varia natura, e di fatto rimanendo l’unico, indiscutibile, Chiarissimo arcivescovo di Costantinopoli. Tiè, fresconi! Fatevi le babbucce tra di voi adesso, e lasciatemi lavorare.

Terzo. Costantinopoli non si chiama più così, il nome odierno è Istanbul. Quindi la sentenza corretta sarebbe “se l’arcivescovo di Costantinopoli si FOSSE disarcivescovicostantinopolizzATO, ..” eccetera. Oppure la più attuale “se l’arcivescovo di Istanbul si disarcivescovistanbulizzasse”. Allo stesso modo, andando indietro nella storia, l’arcivescovo avrebbe dovuto eventualmente disarcivescovibisanzizzarsi; tuttavia -sono ignorante ma azzardo- chi portò la cristianità in quei luoghi dovrebbe essere stato Costantino. Quando sentiva la parola “Bisanzio”, Costantino si affrettava a cercare le sue pastiglie per la pressione e lo testimonia il fatto che è entrato a gamba tesa sul territorio; tra l’altro, se all’epoca ci fossero state ruspe, escavatori ed altri mezzi meccanici di provata insensibilità a culture millenarie, non ne avrebbe risparmiato l’uso. Questo ci dice che l’eventuale primo arcivescovo del luogo che avesse voluto andare incontro ad un disarcivescovizzamento non avrebbe potuto ambientarlo a Bisanzio, neanche volendo.

Quarto. Bisogna vedere a chi si fa la domanda. Io non ho mai fatto niente di illegale o immorale ma uno stinco di santo non lo sono mai stato, e basandosi sull’arruffata che si son dati con la storia del Mons. Milingo, credo che -indipendentemente dalla mia volontà- non avrebbero esitato e mi avrebbero già disarcivescoviqualunquepostizzato loro. E questo sarebbe successo anche se fossi stato l’unico ad accettare di partire volontario per una missione in prima linea in terre ostili; ad esempio, facciamo pure l’ipotesi di una terra molto poco amichevole: mi avrebbero disarcivescovigomorrizzato; e poi non parlo di quello che mi sarebbe successo se fossi stato in prima linea a Sodoma perché suona molto, ma molto male.

Concludendo, concludo che c’è poco da concludere, essendo questo articolo la fiera del nonsense. E non è finita: magari la prossima volta mi scappa di accanirmi sui trentatre trentini; è sempre nonsense, ma almeno risparmieremo un sacco di trattini per andare a capo.

Sono in Italia per qualche tempo, per prendermi cura di alcune consulenze ed affari in generale.
E vedo che, nel Paese in Crisi, dove la gente fa fatica ad arrivare a fine mese, continuano a bombardare con pubblicità di automobili, e non sto parlando solo di utilitarie.

Ce n’è una così particolare da farmi prendere il disturbo di scriverne.

Intanto c’è da dire che mi sono servite alcune visioni prima di prendere coscienza degli avvenimenti nel breve filmato, ma cercherò di spiegarlo come posso.

Innanzitutto credo che il traguardo sia quello di sostenere che non è necessario avere un Land Rover per fare certe cose, anzi, certe wagon o certi SUV possono fare ben di meglio. E già qui ci sarebbe da discutere. Infatti l’utilità che capisco io dei SUV è quella di rompere le palle davanti all’asilo dove mamme depositande parcheggiano come viene loro meglio, ovvero su marciapiedi e ciclabili. Se devo andare abitualmente fuori strada mi compro appunto un Land o una Jeep, mentre se devo stare in strada mi compro qualcosa di più consono.

Comunque.
La situazione è questa: c’è una coppia che abita in una zona alpina, è inverno. Casa di lei si trova più in alto della casa di lui (altimetricamente più elevata, diciamo per chiarezza).

Lui telefona -ovviamente non da una cabina- e dice che con questo tempo probabilmente non ce la fa ad arrivare su da lei. D’altra parte se non crei la suspense, la cosa non funziona.
Lei, languida e sensuale come una papera di gomma, lo aspetta, distesa come una sirena su una poltrona ergonomica, davanti ad una vetrata che dà su una distesa infinita di nevi eterne; risponde con un monosillabo che potrebbe voler dire da “Okay” a “molto bene” a “porco qui porco là”. Non importa, tanto lui ha già buttato giù.

A quel punto lui guida, mentre lei, vestita esattamente com’era all’interno della casa, si mette gli scarponi da sci ed inizia a scendere in neve fresca in un canalone così ripido che il solo pensiero farebbe tremare le vene dei polsi a Reinhold Messner. Lei scende, lui sale: per puro effetto didascalico/scenografico li fanno incrociare, inconsapevoli, a metà strada.
Lei arriva, sgancia lo sci.
Lui arriva a casa di lei, senza scendere dall’auto guarda dentro la vetrata, chiama e dice “dove sei?”; lei risponde e dice “da te”. Lui, senza battere ciglio, dice “arrivo”.

E poi ti dicono quanto sia figo avere quella macchina e bla bla.

Volevo fare un paio di considerazioni.

1)
La mettono come se per arrivare a casa da lei ci volesse un gatto delle nevi o un elicottero della Protezione Civile; invece, quando lui guida, il tratto di strada che si presume impegnativo è una normalissima strada di montagna, pulita ed apparentemente anche salata.

2)
Quando lui arriva, guarda dentro la vetrata.
Ora, se una vetrata di una stanza scura si affaccia su un crinale completamente innevato, in pieno giorno, farà un riflesso che dentro non riesci a vedere neanche se preghi San Gennaro. Ma forse quell’auto ha anche dei dispositivi per risolvere questo problema.
Comunque, lei non c’è, lui perspicace capisce che lei deve essere fuori. E chiama immediatamente.

2a) Ma che casa è? C’è una stanza sola?
Anche se è un unico open space, il bagno per favore no! Quindi, se le scappava la pipì, non poteva farla? La faceva sul tappeto affinché lui (che comunque non doveva essere lì) potesse a colpo d’occhio rendersi conto che lei era a casa?

2b) Oppure. Lui ha appena telefonato spiegando le difficoltà a salire fin lassù; lei poteva essere in cucina a spegnere i fornelli, porconando perché stava preparando lo stracotto d’asino -ma a causa di quella mezza sega di automobile le toccava mangiare una pizza da “il Lurido” giù a valle.

No, lui sapeva che lei non era in casa. D’altra parte uno che guida una macchina così deve essere veramente un tipo speciale, bello come un apollo, scaltro come una faina; e se la compri diventerai così anche tu!

3)
Sono evidentemente due idioti.
Da quel che lui dice, guidare fin su è pericoloso.
Quello che fa lei è chiaramente, evidentemente, criminalmente pericoloso, visto che rischia di provocare una slavina sulla casa di lui, e magari anche sulle case di altri ignari valligiani che molto più saggiamente ed economicamente si sono comprati una panda 4×4.
In ogni caso, da quel che sembra, entrambi rischiano la vita; altrimenti non ci sarebbe suspense.

Ma non potevano dirselo? Studiare un piano? “Amore guarda, ‘sto cesso di macchina.. proprio non mi fido. Vediamoci domani”. Ma loro no, anche l’ormone è spropositato, come le loro bellezze e capacità, per cui non ci sono cazzi, vogliono vedersi oggi. D’accordo, studiamo un’alternativa: “Amore, tu sei brava con gli sci, perché non vieni giù da me, fai attenzione, vai piano, ti aspetto ciao ciao kiss kiss”.
Però dillo, porco cane! Ed invece -solo per far vedere che sei l’Uomo Vero- sbatti giù il telefono, creando così un pericolosissimo equivoco che potrebbe costare due vite e non una. La tua, va bè, Darwin potrebbe trovarci un senso, ma non è saggio interrompere stirpi di papere di gomma.

No. Lui chiama e dice “potrei non farcela, CLIC”. E poi prende e guida fin là. Mi ci sono volute alcune volte per capire, quando lui arriva ad una casa, di chi è effettivamente quella casa.
Una volta capito non c’è stato spazio per dubbi: lui è un Idiota Emerito.

Lei dal canto suo non è da meno. Ti ha appena chiamato, non ce la fa a venire, ti sbatte giù il telefono senza neanche prendere in considerazione altre opzioni. Quindi? Cosa voleva dire? Faccio qualche ipotesi:
a) sai che è un Idiota, lo conosci bene, sai che guiderà fin da te. Reazione: se lo sai, perché diavolo vai via, rischiando la vita nel canalone?
b) è un gentleman, per cui non ha completato la frase, in realtà voleva dirti “senti non ce la faccio ad arrivare, mi fermo giù a casa mia con un paio di zoccole, ci vediamo al disgelo”. Reazione: se ci stai insieme sei una cretina.
c) lui è il vero Maschio Alfa, quello che sceglie l’automobile giusta, ma perché rischiare? E’ anche un fottuto maschilista e voleva in realtà dirti “senti bella, non ce la faccio a salire, muovi il culo e vieni tu, stronza, prima che digiti il numero delle zoccole”. Reazione: non si trattano così neanche le papere di gomma!

In ogni caso, arriva il momento della resa dei conti: lui è accecato dal riflesso, però lo gestisce e vede che lei non è a casa: infatti lei è davanti a casa di lui.

Lui la chiama: “dove sei?” e lei: “da te”, lui: “arrivo!”.

Poco credibile.
Se io fossi stato in lei avrei avuto un colossale giramento di coglioni e gli avrei detto numerosi aggettivi per avermi fatto rischiare la vita inutilmente nel canalone. Poi avrei cancellato il suo numero, avrei chiamato un amico col Land Rover, mi sarei fatta riportare a casa, avrei riacceso sotto lo stracotto, aperto una bottiglia di barolo, e magari più tardi avrei scoperto che quelli con il Land Rover “do it better”.
Lui, dal canto suo, avrebbe dovuto ammettere con la coda tra le gambe di essere un Idiota, se non altro per aver rischiato la vita di lei e la propria solo per poter fare il figo nello sbattere giù il telefono. E invece insiste: “arrivo” col tono di chi non può sbagliare. Ma chi ti credi di essere? Ah già, scusa, sei alla guida di quell’auto.. non puoi non essere nel giusto.

In ogni caso, il fine di questo annuncio pubblicitario è quello di farti sentire bello come un apollo, scaltro come una faina, possessore di una macchina che per le sue qualità sorprenderebbe anche il suo costruttore, e possessore (sic!) di una bellissima papera di gomma, che però non è solo bella: infatti sugli sci è anche meglio di Reinhold Messner.

Quello che fa venire in mente a me, invece, è che, se comprare un’auto come quella ti fa diventare un Idiota così, meglio pensare a un’altra marca e modello.

Vorrei spezzare una lancia a favore della teoria di cui all’oggetto.

Quante volte ho sentito dire “ma no, non conta, dipende come uno lo/la usa”. Doveva trattarsi di possessori di cose piccole, e dico ‘evidentemente’ in quanto certe cose sono difficili da verificare.

Ma veniamo ai fatti.
Lattina di birra, Tuborg Edizione Speciale Natalizia.
Eccola qua, presa da vicino.

Julebryg

Ed ora vediamo la cosa sotto un’altra prospettiva.
Mettiamola in compagnia di lattine “normali” da 33cl.

All Together Now

Ad essere sincero, prima di quest’anno non avevo mai visto questi mostri ma apparentemente devono essere una buona idea, considerando che non è raro vederli in mano alle persone. Mettili in frigo e ti regalano 100 centilitri di goduria!

..e dopo questa poderosa dimostrazione di forza, c’è ancora qualcuno che ha il coraggio di dire che conta solo come la si usa? :)

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