Noi italiani qui abbiamo la vita facile sotto questo punto di vista.
Sarà la sindrome da “famolo strano”, sarà il fascino dell’esotico, sarà che le femmine danesi sono stanche dei maschi danesi e viceversa, in ogni caso noi mediterraneoni rubizzi, che comunque essendo italiani (e quindi nella UE) diamo l’impressione di essere appena più civilizzati rispetto al resto del bacino, riscuotiamo un discreto successo.
Tuttavia.
Per dare una mano alla buona sorte, è necessario avere il Kit. Il Kit non è una cosa che si compra, almeno non tutto. Ma per le cose che non puoi comprare, non è che se non ci nasci non puoi averlo: basta applicarsi.
Il Kit comprende:
1. Come già detto, saper cucinare italiano. Se non sai cucinare italiano, o se non sai neanche la differenza tra i due lati di una padella, corri ad iscriverti a un corso. Nel frattempo ti posso anticipare che il cibo va messo nella parte concava, perché se lo metti dall’altra tende dispettosamente a scivolare fuori.
2. Lo sguardo trombino. Anche questa è una cosa che si impara. Anche il più indolente occhio da pesce lesso lo può apprendere, è solo questione di disciplina e allenamento.
3. L’atteggiamento lievemente smarrito. La signorina danese non è, in genere, un pesciolino che tu metti l’amo e quella abbocca. Queste sono donne strutturalmente cazzute, autonome, che non hanno bisogno della protezione e sicurezza garantita dalla Agenzia Italian Stallion Inc. ove il maschio con voce stentorea proferisce “vieni, piccola, proprio qui, sotto la mia ala”. No No. Sbagliato. Sono abbastanza autonome da proteggerti loro invece, tu povero extra-unione-di-Kalmar bisognoso di ambientamento e conforto. Da qui la necessità di apparire lievemente, leggermente, moderatamente smarrito. E ci tengo a sottolineare gli ultimi aggettivi: lievemente, moderatamente, eccetera. Se ti metti a cantare “Mamma son tanto felice perché ritorni da me” o “Paese mio che stai sulla collina..” con lacrimone all’occhio, l’effetto viene vanificato perché vieni classificato come “boccia persa”.
4. L’aspetto pianificatamente e subdolamente trasandato. Barba di due giorni. Per precisare, trovare un maschio danese barbuto è difficile. Non perché si radano come pazzi tre volte al giorno, bensì perché la barba non c’è proprio, oppure è rappresentata da tre peli biondi facilmente estirpabili con pinzetta. I danesi con la barba vengono tutti assunti al Museo di Scienze Naturali, qualunque sia la loro preparazione professionale. Ogni tanto ne scompare qualcuno, e lo vieni a sapere solo perché mettono un nuovo annuncio di assunzione. Il dipendente mancante viene talvolta riconosciuto dai discendenti, decadi dopo, in una teca di qualche museo nell’altro emisfero sotto la voce di “danese con barba” e “non toccare per favore perché l’abbiamo pagato parecchio”. Per tornare a noi, la barba volutamente trascurata ha un bell’effetto. Ah per precisare: le altre cose sullo stile che “l’omo ha da puzzà” non vanno bene invece. Belli profumatini, belli vestitini (ma senza cravatta), tutti carini e sistematini. E barba di due giorni.
5. Romanticismo. Eh se i danesi maschi in generale sapessero essere galanti e romantici come lo siamo noi probabilmente i vichinghi avrebbero cambiato il corso della storia ben più di quanto non abbiano fatto in realtà. Certe volte mi ricordano il film “Balle Spaziali”, la terza versione del matrimonio: “Lo vuoi?” “Sì”. “La vuoi?” “Sì”. “Bene, sposati, bacio!”. Poco spazio per il romanticismo, il corteggiamento, mostrare le piume della coda: “sò un vichingo, te piaggio?” “Se!” “Annamo a letto allora và”. Noi ci lavoriamo di più, e a loro piace.
6. Programmi a breve. Romantici sì, ma parlare già della casa rosa di fronte al mare al tramonto con tante stanze per tanti bambini fa l’effetto bagno in mare in maggio su zona inguine di rappresentante maschile della specie umana. Leggasi: ritirata. Programmi a breve termine, volontà di costruire qualcosa va bene, dà più serietà che non il “si tromba stasera poi ciao”. Ma eccedere no.
7. Infine, la cosa più importante (dopo il punto 1), e questa è una delle cose che si possono comprare. Allora, non importa quale supporto usi per portarti in giro la musica: il car stereo con sud-woofer o il mega-radiolone da spalla o l’ipod o i surrogati di ipod marca Pakistan Electronics. DEVI avere con te Eros Ramazzotti e sciorinarlo appena possibile. La passione che lega la donna danese ad Eros Ramazzotti è qualcosa di insondabile. Io non sono il più sfegatato dei suoi fan; mi piace, ma la mia cultura musicale mi porta a considerarlo più un easy-listening che un reale, genuino, e rinnovato piacere ad ogni ascolto. Ebbene, qui se senti per radio una canzone straniera (non in inglese) 90% è di Eros Ramazzotti. Perfino gli uomini quando sentono alla radio una sua canzone corrono da me e mi dicono “ti prego dimmi cosa dice il testo”; e siccome per le ragioni succitate non conosco a memoria i testi, mi trovo in difficoltà.
In ogni caso: non capiscono cosa dice il testo; non sanno pronunciare il suo nome; non conoscono gli altri tesori della musica italiana; si tratta di canzoni piacevoli, ma come ce ne sono tante altre nel panorama musicale mondiale; eppure.. eppure si sciolgono come iceberg teletrasportati per sbaglio nel mar delle Antille.
Facciamo una cosa: in cambio dell’informazione che il punto 7 funziona, qualcuno mi spiega perché? Io non posso più fare ricerche poiché mi hanno finalmente consegnato la laurea ad honorem in sociologia, a patto che non svolgessi più nessuna indagine.
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PS per Eros, nel caso passi qui sul blog. Eros, come minimo mi devi una cena. C’è una collega di Tabby che ti adora alla follia (e, come detto, non è l’unica) e mi ha chiesto di tradurle alcuni testi. Tuttavia era riluttante, perché aveva timore di scoprire l’orrida verità.
Infatti nella tua “Se bastasse una canzone” c’è quella parola, “canzone” che assomiglia dannatamente a “calzone”, che i danesi -grazie anche a Merdos Pizza (vedi articolo in archivio, gennaio 2007)- sanno benissimo cos’è.
Ebbene, mi ha confessato che ci ha messo tanto tempo prima di chiedermi la traduzione. Perché? Perché aveva una paura tremenda di scoprire che la tua canzone parlava di pizza, facendo così crollare il castello di esotico romanticismo che le tue parole in gran parte sconosciute trasmettevano. Se lo avesse traumaticamente appreso, avrebbe gettato i CD e smesso di ascoltarti. Ed invece ti ho salvato le chiappe, e lei e le sue amiche continueranno tranquille ed imperterrite a comprare i tuoi CD. No perché qui i CD si comprano, non si fanno copie pirata ;)
Che dici, non me la merito una cena? Chiamami, ti farò sapere il posto :)
Sono stato in Italia per le vacanze pasquali, e per assaggiare un po’ di primavera che qui, nella propaggine meridionale del Polo Nord, arriverà. Con estrema calma.
E mi sono imbattuto come al solito nel comportamento stradale dell’italiano medio.
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Devo fare una premessa. Qui in Danimarca, quando circoli su strade ed autostrade, sei relativamente tranquillo: i sottosviluppati che eccedono i limiti di velocità o che infrangono clamorosamente le regole (creando peraltro situazioni di pericolo) ci sono anche qui, ma sono decisamente pochi; e sono pure fortunati, visto che la Pula si fa vedere poco in giro. Generalmente la passano liscia, ma una cosa è certa: non hanno l’approvazione o addirittura l’ammirazione da parte degli altri automobilisti. Ah certo che se li cagnano gli danno indietro la patente in un vasetto, così possono spargere le ceneri dove preferiscono.
Questo significa, per fare un esempio, che su un’autostrada con basso numero di corsie, se ti trovi nella condizione di essere in quella di destra e di avere un camion che viaggia più lentamente, se ti butti fuori in sorpasso nessuno di coloro che sopraggiungono si lamenta. Primo perché nessuno arriva a 190 all’ora, secondo perché nessuno pretende di avere il diritto assoluto sulla corsia sulla quale sta viaggiando. Anzi. Talvolta, vedendo la situazione, chi sopraggiunge rallenta spontaneamente per facilitarti l’uscita. E così fai anche tu quando sei nella loro condizione; perché la regola è: facilitare lo scorrimento del traffico.
Fantascienza? No, Danimarca. Vieni qui e guidaci per qualche migliaio di chilometri, poi mi sai dire.
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Italia. Esterno Giorno.
A22 Autostrada del Brennero, che mi sta riportando a casa.
Fila ordinata di camion sulla destra. Controllo che non arrivi nessuno, poi esco in sorpasso, accodandomi ai diversi altri (la fila di camion era consistente) lasciando tuttavia davanti a me la distanza di sicurezza che la prudenza mi suggerisce. Velocità media: 130 kmh.
Ed ecco che arriva da dietro il nostro protagonista, il Coglione con Patente di guida. Quello che dà il meglio per tenere alto il nome degli italiani nel campo del sottosviluppo.
Il quale Coglione, ovviamente, non apprezza la mia distanza di sicurezza, li vuole guadagnare quei micragnosi 67 metri, e si mette a venti centimetri dalla mia targa, cercando di farmi capire -tramite segnali morse con gli abbaglianti- che ha fretta, una dannata fretta, e che vuole sorpassarmi.
No way. In italiano: “non se ne parla proprio”. Per lasciarti passare dovrei rallentare, infilarmi in un buco, frenare, e sperare che vada bene. Ma neanche se tu fossi il Presidente della Repubblica in missione speciale. Ecco, magari se fossi un’ambulanza. Ma hai l’aria più da uno che dell’ambulanza potresti aver bisogno, che di uno che la guida.
La coda in corsia di sorpasso avanza lentamente, per lungo tempo, e il Coglione pare voglia mettere a prova il filamento in tungsteno delle lampadine dei suoi abbaglianti. Non è una questione di principio, lo lascerei passare volentieri, ma non ci sono le condizioni, per cui sto dove sono.
Finalmente la coda finisce e rientro in corsia normale. Il Coglione, per niente sollevato dal fatto che il suo strazio è finito e che finalmente può correre verso la Libertà dalle umane autostradali catene, strombazza pure, per farmi capire qualcosa che solo lui sa, ma che posso intuire: cioè che lui ha la macchina più grossa e quindi anche l’uccello è più grosso e che pertanto per rispetto per il suo grosso uccello dovevo gettarmi nel fosso. In pratica.
Fatto sta che il Coglione no è soddisfatto. Il Coglione DEVE farmi provare le infinite pene che io ho fatto provare a lui. E quindi si piazza davanti a me, rallentando, e cambiando corsia quando la cambiavo io, impedendomi di sorpassare o altro. Il Coglione tuttavia non sa che il motivo per cui io andavo a 130 kmh era solo per rispetto per chi veniva da dietro, e che la mia velocità di crociera stabilita alla partenza era ben più bassa. E’ chiaro che lo sta facendo apposta, non c’è nessun tipo di beneficio del dubbio in discussione. Per cui a quel punto esce la parte bastarda di me. Affinché il suo trucco funzioni mi deve stare davanti a poca distanza poiché, nella sua piccola immaginazione, se mi perde ho tempo per prendere la rincorsa e superarlo quando non mi può fermare. Ed io lentamente ma inesorabilmente rallento, costringendo anche lui a rallentare, a perdere un abisso di tempo, e a confermarmi in questo modo che non aveva nessuna fretta, bensì aveva bisogno di affermare il suo diritto ad avere la strada tutta per sè, una cosa che potenzialmente potrebbero reclamare altri 59.999.999 italiani.
Tra parentesi, se vuoi una strada tutta per te, puoi sempre andare in America su una di quelle strade in mezzo al deserto del Mohave, dove puoi correre finché vuoi senza che nessuno si azzardi ad attentare al tuo diritto di avere la strada per te. Almeno fino a quando spunta una pattuglia da dietro un cartellone pubblicitario, ed allora l’unico posto dove puoi svuotare il tuo vasetto con le ceneri è fuori dalla tua angusta cella, a Guantanamo.
Rallenta rallenta rallenta, mentre io e Tabby lo canzoniamo dicendogli di farsi una vita vera, quando siamo sotto i 100kmh il Coglione finalmente si stufa e va per la sua strada. Non farmi fare i calcoli di quanto tempo gli ho fatto perdere: sicuramente di più di quello che avrebbe guadagnato consumando i 67 metri e andando a titillare il paraurti di quello che stava davanti a me nella coda.
Seguono accadimenti stradali ordinari. Dopo il passo del Brennero niente più episodi, e questa coincidenza mi colpisce sempre molto.
Sono cose tristi, ma per il genere umano rimane la consolazione che, a rodersi il fegato sia prima che dopo, magari al Coglione è partito un embolo che sperabilmente ha lentamente raggiunto e leso qualche organo vitale, rafforzando così la teoria di Darwin sull’evoluzione della Specie.
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Con post come questo so che posso essere classificato come razzista.
Ma il fatto è che gli idioti e i sottosviluppati esistono, e meritano incondizionatamente tutto il rispetto che si deve a qualunque essere umano. Ma quei sottosviluppati che si credono di essere meglio degli altri, e per di più in funzione di questo pretendono di vanificarne i diritti, per me fanno parte della porzione da sacrificare nell’ottica di migliorare la media.
Una grande soddisfazione sarebbe che gentaglia come il Coglione, o come la Troia, leggessero il blog e si riconoscessero. Ma è chiedere troppo. Gente così non ha lo spessore; e poi credi cambierebbero? Credi direbbero “oh dannazione ha ragione, che stronzo/a sono stato, aspetta che cerco di migliorare”. Vano. Per fare autocritica serve un QI minimo.
Comunque sono a Casa, e per sei mesi di stronzi Coglioni alla guida non ne vedo.
Dalle rispettose Autostrade Danesi, lo Scarrafone passa e chiude :)