‘Il Ponte’, articolo di Settembre 2010
La Danimarca è piatta come un’asse da pasta, e questo più o meno si sapeva.
Un attento osservatore potrebbe pertanto pensare che andare in bicicletta sia un paradiso. E lo è. Il fatto che un terzo dei danesi vada al lavoro pedalando lo testimonia. Un terzo è un’enormità. E’ come se 15 milioni di italiani invece che appoggiare le chiappe su un sedile e girare una chiave, prendessero un po’ d’aria fresca e pedalassero.
Certo, posso sentirmi dire “pedala tu a Perugia, L’Aquila o Sondrio”, ma se è pur vero che le pendenze qui non ci sono, c’è sempre l’handicap non trascurabile del tempo atmosferico. In Danimarca piove un giorno su due, e ugualmente nessuno ferma gli “audaci”. Talvolta c’è un freddo che farebbe ghiacciare il sangue a un leone marino; eppure, con l’equipaggiamento adatto, lo affronti.
Comunque, stabilito che “non esiste buono o cattivo tempo ma buono o cattivo equipaggiamento”, rimane un problema molto sentito: Eolo. Che non è il nano di Biancaneve, bensì il dio del Vento. Eolo, alla faccia di quel principio d’asma che una volta (a uno “Screening”, a-ehm!) gli avevano trovato, soffia come se quello fosse problema di qualcun altro. Aggiungi che non c’è neanche una montagnetta a far da riparo, basta che al dio venga un ruttino dopo pranzo che la cosa si ripercuote ai quattro angoli.
Questo incide in modo serio sui complessi calcoli a proposito dei tempi di trasporto; se devi andare al lavoro e il vento viene dalla direzione sbagliata, sono amarissimi cavoli. Il pensiero che -a logica- al ritorno il vento sarà dietro, è una patetica illusione autoinferita con il solo ed esclusivo scopo di tener duro, andare avanti e respingere il giustificato istinto di mandare tutti affa e tornare a casa sotto le coperte; infatti sai benissimo che quando sarai di ritorno c’è un’iperbolica probabilità che il vento abbia girato e soffi in direzione esattamente opposta.
Prendi la bici per andare alla stazione del treno e ci metti il triplo del tempo, anche se hai il cambio Shimano col pacco pignoni da montagna e ingrani la prima ridotta. Mentre tenti di guadagnare metri con l’acidosi lattica montante, il pedone ti sorpassa e ti guarda con disprezzo, condito con l’orgoglio della propria velocità di appiedato.
Io non sono preparato. Vengo dalla Val Padana, da noi quando tira vento sparano i fuochi d’artificio per festeggiare l’Annuale Cambio dell’Aria; per il danese le cose sono più facili, l’abitudine aiuta, ed ho pure scoperto il loro trucco: nelle giornate particolarmente ventose vanno in giro vestiti come Mario Cipollini anche se devono andare a piedi. E, ad un equipaggiamento estremamente tecnico, va affiancato il fatto che imparano fin da bambini a non fare vela, deflettere le raffiche, stagliarsi di sghembo.
Talvolta, tuttavia, càpita che il vento ce l’hai dietro. E lì si gode.
Sì. Cioè. Almeno fino a quando arrivi in stazione, dove ti trovi con un Signor Problema: stai andando ai centonovanta. Doppiare la stazione e stabilire il Record di sempre sul chilometro lanciato, ancorché corroborante per il proprio ego, è controproducente; infatti quando riesci finalmente a fermarti devi voltare la bici e riguadagnare la stazione, di nuovo in prima ridotta, portandoti dietro pure il trofeo appena vinto, facendo ben attenzione che la bocca della coppa non guardi verso avanti.
Tutto si gioca in quello che succede negli ultimi 100-150 metri prima del traguardo. Ed è qui che entra in campo l’importanza del mezzo tecnico; mi ero sempre chiesto perché, anche le normali biciclette, montassero spesso freni a disco; forse mi confondo, ma mi è sembrato addirittura di vedere dei Brembo autoventilanti, come Valentino Rossi sulla sua Yamaha.
Pensavo fosse per fare gli sbruffoni al bar con gli amici tipo “Freni nuovi, paghi da bere”. “Non fate i furbi che io c’ho due dischi così”. “Il mio Disco è più grosso del tuo”. “Sarà anche più grosso, ma il mio véntila meglio”. Cose del genere. No no. Adesso so il vero perché.
Trasportando quindi il concetto all’italian-pensiero, orientato agli Status Symbol, per noi risulterebbe che: se hai la bici coi freni a disco sei The Great Ganzo: potresti passare impennando davanti alla polizia senza conseguenze, anzi, agiterebbero palette per farti strada. Hai i freni a tamburo? Sei ancora OK, ma se devi andare in centro parcheggiala lontano così che nessuno lo noti. In tutti gli altri casi la tua bici è così scrausa e raccogliticcia che -se non vuoi fare magre figure- l’unica opzione è venderla; sperando che ci sia ancora qualcuno che se lo vuole comprare, quel cesso.
PS (Direttrice, non se la prenda se approfitto) VENDESI Belizzima Bicicletta Blu, come nuova, telaio alluminio, telefonare ore pasti 555-..