I miei genitori sono venuti in visita in Danimarca per la prima volta, e alla fine della vacanzina abbiamo fatto una di quelle che si chiamano mini-crociere, da Copenhagen a Oslo e viceversa in due giorni, attraversando il fiordo più grande della Norvegia (Oslo è là in fondo, non puoi evitarlo). Tra parentesi, è un’esperienza da provare :)
Durante la crociera, mentre i fossili (i genitori) si crogiolavano al sole stando nei punti più riparati della nave, io e Tabby spesso stavamo per affari nostri, e nel pomeriggio del ritorno, visto che fuori c’era un vento freddo maiale eravamo all’interno, nell’unico bar dove si poteva fumare (hehe) bevendo una gustosa Carlsberg alla faccia dei birrai norvegesi.
E vicino al nostro tavolo c’era un gruppo di italiani, i soliti gnorant-cafon-presuntuos, il cui discorso culturale top era “ma sì dai: i fiordi, visto uno visti tutti; se non c’è la casetta in basso ce n’è una più in alto, o cambia il colore, ma alla fine è tutta la stessa roba”.
Esattamente il tipo di italiano con cui ti repelle mischiarti, in pratica.
Tanto che quando uno di loro si è avvicinato a noi indicando una delle nostre seggiole dicendo “schiusmi plìs, chèn ai tèik dis” (“scusate, posso prendere questa”) Tabby fetentissima ha lasciato la palla a me come dire “questi qua te li gestisci tu”. Ed allora, con accento di Oxford, ma volontariamente sporcato da una leggera inflessione da rione basso di Liverpool, ho sfoderato un “you do it” (“fai pure”) con un bel sorrisone e un “vai con dio e non fermarti” nei miei pensieri; inutile preoccupazione, siccome l’unica parte della mia risposta che hanno capito è stato il sorriso :)
PHEW :)