Partiti speranzosi sulle previsioni e tempistiche del viaggio, esattamente un anno e un giorno fa, tali previsioni si sono rivelate completamente sballate; il viaggio anziché durare 15-16 ore ne è durate circa 22, anche a tappe forzate.
La mattina del 3 gennaio, verso le 5, siamo arrivati finalmente a destinazione in quel di Copenhagen.
Oggi pertanto compio il mio primo anno in Danimarca.
Auguri, bebè Scarrafone!
Avevo una strana sensazione.
Da giorni, da prima di Natale, continuavano ad arrivare nella posta questi cataloghi con scritto ACME, TNT o con altri nomi che piacerebbero a Wile E. Coyote.
Generalmente non sono molto interessato a questi periodici, che di solito contengono superofferte tipo “Compra 100 bottiglie di vino californiano a XX corone e stupisci i tuoi amici facendo loro capire che sei un intenditore” e cose così. Questi invece erano misteriosi. Ne apro uno. E ci trovo dentro ogni bendiddio esplosivo, è il paradiso del dinamitardo. Fuochi d’artificio in batterie da 2 a 50 kg e da 12 a 200 razzi. C’è anche qualche esplosivo e mina da terra, ma poca roba; la preferenza è per la roba che decolla. Poi ne guardo un’altro e vedo che la varietà è ancora migliore (eh, è ACME).
E allora mi informo timidamente in giro su come si pone il danese nei confronti dell’esplosivo. E scopro che sono malati. Di fronte a un chilo di tritolo perdono la razionalità e l’aplomb ed iniziano ad innescare acciarini, fiammiferi ed estraggono detonatori già pronti dalle tasche. No distinzione di classe o professione: dal giovane operaio al’anziano studioso di civiltà precolombiane, dagli in mano un razzo da 80mm di diametro e vedrai che trovano qualcosa che li accomuna.
Nell’area di Copenhagen le ostilità sono iniziate dopo Santo Stefano e non sono cessate fino a questa mattina alle sei, quando probabilmente sopraffatti dall’alcool e dal sottoscorta di esplosivi si sono tutti ritirati in buon ordine.
La notte scorsa, a mezzanotte, è stato l’apogeo: sembrava di essere a Beirut (per quelli che hanno la mia età) o per far capire anche ai più giovani diciamo a Baghdad: nuvole di fumo acre di polvere da sparo che si spandevano mollemente in mezzo alle case, le poche automobili private che andavano a passo d’uomo, fuochi d’artificio in qualunque direzione, non c’era un angolo di cielo buio. Relitti fumanti di bocche da fuoco e batterie esauste di razzi abbandonate in mezzo alle strade (ma non quelle dove passavano le corriere, per non interrompere il servizio pubblico: assatanati sì, ma con cognizione).
La fase intensiva non si conclude fino alle 2, e il tempo vola osservando la varietà e la bellezza dei fuochi tutt’attorno. Poi i colpi di mortaio e le gragnuole di mitraglietta si fanno sempre più rari, fino alla quiete completa di questa mattina. Tra l’altro mi assicurano che al calar della sera riprenderanno imperterriti.
Il primo pensiero che viene in mente è: con una diffusione e intensità tale di fuochi, ci sarà una lunga e triste tradizione di morti e feriti gravi, mani sbrindellate e occhi partiti.
E invece no. Stamattina guardo il giornale e vedo la fine della (triste) conta: in totale in tutta la nazione 6 feriti non gravi, nessun morto. Vero che siamo 5 milioni e mezzo e non 60 come in Italia, ma anche in proporzione il confronto non esiste.
E allora perché in Italia abbiamo morti, feriti, mutilati ogni anno e qui no?
Alcune ragioni, principalmente:
A) Tritolo legale: i fuochi d’artificio (quelli seri) sono legalizzati. Certo, c’è un limite nella quantità di polvere eccetera, ma quando hai dei fuochi d’artificio che salgono a 30-40 metri e non hanno niente da invidiare a quelli professionali, non ti servono razzi più potenti. A nessuno interessa che il proprio fuoco d’artificio raggiunga la luna. Visto che chiunque può comprare anche quelli veramente potenti, ci sono aziende che li producono, con professionalità e le massime norme di sicurezza; ed è estremamente raro che un razzo esploda o parta prima del previsto, o che rimanga inesploso. Che ti esploda nel baule della macchina mentre lo trasporti, è addirittura impossibile. In più, legalizzando, automaticamente sparisce la necessità che vengano prodotti in garage da Otto van Fetecchien (imparentato con Carmine ‘o Animalo). E in ogni caso il danese tipo non comprerebbe del materiale non certificato. Anche questo conta parecchio.
B) Sicurezza della persona: ho visto vari gruppi di persone operare su dei razzi giganteschi o innescare batterie di fuochi che nella semioscurità potevano essere scambiate per vitelli accovacciati. Come? Indossando sul vestito elegante gli occhiali da antinfortunistica, per esempio; e più d’uno anche i guanti appositi. Non sarà alla moda ma è utile. Poi: non tornando a verificare quando un razzo non parte, ma allontanandosi e avvertendo gli altri intorno che qualcosa non va. In pratica, maneggiando cose pericolose sì, ma ben consapevoli del pericolo. Ovviamente ci sono anche qui i deficienti che si sparano i razzi in faccia a vicenda, probabilmente sono quei 6 feriti di cui si parlava prima. E Darwin da queste parti potrebbe dirsi contento che la sua legge sulla selezione della specie funzioni come previsto.
C) La formazione: soprattutto i bambini vengono educati in questo senso. Non solo dalla famiglia ma dalle scuole, dalla televisione, dalle merendine, con ogni mezzo. Per evitare che stamattina, primo dell’anno, tante manine rimangano offese dai botti inesplosi ritrovati in giro.
Sono le 14. Tra poco calerà il buio.
In attesa che la guerriglia riprenda, Buon Anno dalla Danimarca!
PS giusto per chiarire: quando parlo di dinamite e tritolo, è solo per colorire il linguaggio. Sto parlando in realtà di polvere, e prodotti pirotecnici autorizzati per la libera vendita.