Nonostante quanto è successo, ho continuato la mia collaborazione con ‘Il Ponte’
Questo è l’articolo di Giugno 2011.

Farvel (farewell)

Non pensavo sarebbe successo, tuttavia questo sarà con tutta probabilità il mio ultimo contributo. Torno in Italia, e con qualche rammarico.

Ci sono quelli che non ce l’hanno fatta a stare qui, che si sono riconosciuti incompatibili con questo Paese. A noi italiani accade, talvolta, forse più spesso che ad altri. Ricordo ancora una coppia, qui per lavoro da anni, e vedevo questa tristezza nei loro occhi, una specie di rassegnazione. La mia sensazione è che si considerassero reclusi, o peggio in esilio, al confino.
Siamo diversi, parecchio, ed integrarsi con questa cultura risulta difficile per noi, figli di un paese ricco -sotto tanti aspetti- rispetto a chi viene da culture ancor più diverse ma con niente da perdere.

Comunque no, non sono tra quelli.
Adoravo questo Paese. Ho imparato ad amare i difetti di questi danesi, talvolta pigri ed approssimativi, e perché no, anche un po’ impacciati, teneramente, nei rapporti interpersonali, almeno in confronto ai nostri standard.
E quanto ai tanti pregi, è inutile spendere parole, sappiamo tutti di cosa parlo. Parafrasando lontanamente Goethe, riferendosi alla persona amata, qualcuno ha scritto che le virtù si apprezzano ed i difetti si amano; mi ci riconosco, nonostante il più serio tra i difetti che io abbia notato fosse questa dannata superficialità e pervicacia nell’osare mettere sullo stesso piano una ventennale esperienza di ricerca in informatica con lauree fresche terzomondiste -magari acquisite da qualcuno senza la Passione, ma a cui è stato detto che studiare in questo campo dà certezze.

Ma tant’è. Ed, a proposito della persona amata, questo è un po’ il motivo. L’ho perduta, e per me lei e Danimarca erano la stessa cosa. Questo rapporto, nato simbiotico, fa sì che non mi ci vedrei più molto, a vivere qui. Mi sono sentito uno straniero proprio quando iniziavo a sentirmi danese.

Volevo ringraziarvi per la pazienza nel cercare di estricare un pensiero dai miei scritti, talvolta un po’ convoluti. E per le numerose attestazioni di simpatia che avete fatto pervenire. Poi, chissà, magari la direttrice accetterà qualche altro mio pezzo in futuro ed avremo così modo di sentirci ancora. Ed un grazie speciale proprio a lei, la direttrice Grazia Mirabelli, per lo spazio che mi ha concesso su questo periodico.

E per chiudere questo scritto avevo scelto simbolicamente la parola “farvel”, quando improvvisamente mi è scappato da ridere perché i danesi la pronunciano proprio così, come due che s’incrociano per strada in un paesino del bolognese:
“Ma csa fèt?” “Mo vè, farvèl!”

Seriamente, adesso.
Da parte mia, i migliori auguri di buona vita a voi, italiani in Danimarca.

Ciao,
Antonio